Articolo pubblicato sulla rivista Nuove direzioni • n. 21 maggio-giugno 2014
Potrebbe iniziare così questa storia tutta bolognese… in quella parte di Bologna che comincia dolcemente a salire verso la Futa e la Toscana.
Infatti, questa strada, che si chiama via Toscana, è stata un tempo percorsa da eserciti, diplomatici, papi e poeti, ed era accompagnata da Canali, Ciminiere, Mulini da Grano, fornaci e antiche lavanderie. Nel trascorrere dei secoli, ma particolarmente nella seconda metà del 1900, la strada pian piano si è circondata di un corridoio di case ai lati, e purtroppo si è trasformata in una camionabile per l’improvvida gestione degli amministratori, diventando anche una strada che conta il numero più alto di incidenti di Bologna.
A parte questi elementi di cronaca, qualcosa è rimasto su questo territorio interessante e complesso. Alcuni cittadini caparbi sono riusciti a scovare tra le stanze buie e polverose di uffici, mappe del 1700 di canali storici, carte, documenti e foto invecchiate dai lustri trascorsi, o nelle buste ingiallite nei cassetti dei nonni e dei bisnonni, vecchi rogiti con un incipit scritto con una penna con inchiostro rosso e grafia da amanuense “ In nome di S.M.Vittorio Emanuele III e per grazia di Dio e per volontà della nazione Re d’Italia”….
Segue una ricostruzione di passaggi di proprietà e di famiglie, di nomi e cognomi che consentono di ricostruire con molta fatica pezzi di storia di una proprietà con tanti passaggi per alcuni secoli a partire dal 1600.
Parlo di un mulino del 1600 che macinava grano, granoturco, orzo, castagne, galla di proprietà di una nobile Famiglia, i Parisi, che avevano investito economicamente su questo edificio molto importante che costituiva la cerniera tra la città di Bologna e l’Appennino tosco emiliano.
Strade una volta polverose ed acciottolate, faticose per i carri trainati da animali che raggiungevano il mulino, strade accompagnate da alte siepi ed attraversate da fossi; di notte occorreva munirsi di una lanterna per evitare di finire in uno dei tanti fossi o canali che la solcavano o affiancavano la strada.
Il mulino macinava quantitativi consistenti di farina perché le sue pale idrauliche erano mosse dalle acque di un antico canale del 1176, scavato a mano in pochi mesi per portare un corso d’acqua nel centro della città, servendo zone agricole e orti e decine di altre attività artigianali.
Il livello dell’acqua sfiorava le sponde del canale e per buona parte dell’anno l’acqua c’era per tutti: mulini, batocchi, orti, lavanderie, concerie di pelli, tintorie, laboratori artigianali per lavorare l’oro, l’argento, la pergamena, il cuoio, la canapa, la lana, la seta, ecc.
Ora la storia poco alla volta cambia volto……Non solo c’era una volta, ma pian piano che dalla penombra rispuntano le notizie, le mappe dei territori ricompaiono, le storie degli edifici e dei personaggi vengono riconfigurate, tutto ciò ridiventa oggi reale.
Si può raccontare una vera storia, perché questa ricerca, pur a distanza di centinaia di anni, ha riconsegnato un volto, una trama e una storia confrontandola con ciò che è sopravvissuto al logorio del tempo e alla disattenzione degli uomini.
Se nessuno racconta e fissa questa storia che si rintraccia attraverso racconti e ricerche, foto e disegni e mappe quel manufatto, quella torre, quell’edificio, quel personaggio è come non fosse mai esistito.
Per questo, appassionati e caparbi studiosi si sono dati una mano per stringere un’alleanza tra storia del passato e la cronaca attuale, per raccontare vicende passate che si riferiscono a dei fatti odierni, e l’una trova significato nell’altra. La voglia di cercare le radici dei luoghi e dei personaggi, delizia il palato, si proietta nel futuro dando significato alle cose per tempi moderni e tempi futuri.
Il tracciato di questo canale del 1176, spettacolare per molti aspetti, attraversa ora tratti di una città edificata, resa “moderna” da pesanti infrastrutture, ma anche zone ancora agricole e selvagge come secoli fa.
Per esempio, alcuni cittadini “visionari” hanno visto una pista ciclabile in una zona densa di rovi e di rifiuti ammassati, che rendeva il canale inaccessibile ed impenetrabile a tutti.
Una visione lungimirante che ha consentito nel giro di 4 anni di riconsegnare una parte del Canale di Savena alla sua città con una pista ciclabile e pedonale spaziosa, sicura e invitante a lato delle sue sponde. Il fatto più importante è che la pista ora è percorsa da numerosi cittadini, da tanti bambini di tutte le età che trottolano o che trasportati sui passeggini trascorrono ore a guardare le nidiate di germani reali.
Parallelamente non mancano le persone in età che apprezzano molto di non dover percorrere la strada o marciapiedi inaffidabili, e anche persone con problemi motori in fase di risoluzione. Per questo qualcuno l’ha ribattezzata la pista della buona salute, per il verde, il paesaggio, l’acqua (quando c’è) e per i germani reali che nuotano tranquillamente.
Altro miracolo è accaduto a una vecchia lavanderia in cui Adrasto Bonfiglioli, negli anni 20 ha investito tutto ciò che aveva indebitandosi, per attivare una lavanderia nei pressi del mulino Parisio e per avere la casa per tutta la famiglia accanto al luogo dell’impegnativo lavoro. A distanza di circa 100 anni Anna Maria Benfenati Bonfiglioli ha voluto onorare il nonno con una ristrutturazione della lavanderia, impegnativa da tutti i punti di vista; ristrutturazione, che ha restituito la visione di una bellissima facciata del 1700 con “ opus mixtum, opus incertum” ed una seconda facciata con mattoni di fine ‘800.
Il lavoro nella lavanderia coinvolgeva tutta la famiglia di Adrasto ed altre operaie, tutti in regola con le “marche”. La sorella Elide teneva le pubbliche relazioni mantenendo i contatti con le famiglie nobili e borghesi che richiedevano questo servizio di lavaggio della biancheria; tra i clienti c’erano l’hotel Baglioni, le Ferrovie dello Stato, la comunità dell’Antoniano ecc.
A distanza di un secolo circa, in questa sala suggestiva dell’antica lavanderia con acclusa stalla per i cavalli che trainavano il calesse, oggi recuperata e ristrutturata è in grado di accogliere il pubblico.
L’Associazione LA ROSA DEI VENTI ha organizzato la Mostra “Canale storico, mulini, ciminiere e lavanderie del Savena”!
Per il periodo delle feste di Natale sono state sospese le attività che vengono svolte quotidianamente negli ambienti della Sala Polivalente: corsi di Samba, di Ginnastica Dolce, di arti Marziali, di Danza egiziana ed orientale, di Yoga e di Shiatsu per lasciare spazio all’allestimento della Mostra e al pubblico.
Campeggiano nel salone i pannelli che rappresentano e raccontano le suggestioni delle immagini dei mulini da grano e di antiche lavanderie che la mostra offre e le immagini multimediali dei filmati; documentano una società frugale e più essenziale . L’acqua era considerata un elemento prezioso in tutti i sensi costituendo quell’unica energia idraulica che faceva muovere le ruote a cucchiaio dei mulini e le pale di decine e decine attività artigianali che hanno prodotto lavoro e ricchezza per diversi secoli per la città di Bologna.
In quel momento l’energia dell’acqua era un elemento di progresso vitale per la città di Bologna, che iniziava ad ospitare alcune migliaia di studenti con il loro seguito attratti dallo Studio Bolognese; a distanza di secoli, come un paradosso, sempre l’energia costituisce un punto nodale per la nostra società e civiltà!
Oggi, dopo aver abbandonato l’energia dell’acqua ed aver consumato altre fonti energetiche fossili, siamo alla ricerca di un’alternativa a quelle dalle fonti inquinanti a cui per anni ci siamo abituati, orientandoci in specifico verso l’utilizzo dell’energia del sole, del vento, delle maree e dell’energia geotermica, e, ancora ritornando dove è possibile, verso l’energia dell’acqua.
Anche la ciminiera del Mulino Parisio è stata testimone degli ultimi 2 secoli di storia di questa ricerca di energie alternative fino a giugno del 2012, quando era ancora intatta e slanciata nei suoi 25 metri di altezza e di bellezza. La ciminiera documentava un utilizzo di un’altra energia diversa, il vapore. Infatti, per sopperire ai momenti di siccità e di mancanza d’acqua nei canali, la produzione di vapore consentiva ugualmente di muovere le macine dei mulini e di produrre farina per mantenere il mulino in piena attività. Anche il Mulino dei Foscherari del 1600 nella zona di Foscherara in Bologna aveva la sua ciminiera, persa, nel corso dell’abbattimento (1958 circa) della vecchia struttura del mulino, poi adibito a cartiera.
L’insegnamento dei nostri avi è chiaro e limpido; si possono e si devono ricercare ed usare energie alternative e pulite compatibili con un progresso sociale, utile a tutti. Non siamo i padroni del mondo, ma soltanto dei passeggeri e dei viandanti, molto impegnati a costruire una realtà migliore di quella che abbiamo trovato.
Callisto Valmori
Associazione LA ROSA DEI VENTI
Ecco il pdf dell’articolo: ND22giugno_C era una volta, storia di canali storici, lavanderie, mulini e ciminiere